É impensabile credere di creare un Brand a tavolino, ideare, progettare, realizzare qualsiasi cosa, anche geniale, immetterla sul mercato ed aspettare i ritorni.
Un Brand va considerato un elemento vivo.
Non sto dicendo che le analisi, lo studio del mercato, buyer persona e posizionamento non servono anzi, sono tutte indispensabili. Sto dicendo che dobbiamo distinguere tra le diverse fasi di vita di una azienda e del Brand.
Un Brand nasce focalizzato: Amazon stessa ha iniziato vendendo esclusivamente libri. Questa logica è condivisa anche in ottica Agile, infatti concentrarsi su un singolo aspetto alla volta si investe meno denaro prima di ricevere la validazione di mercato riguardo la vostra proposta. Jeff Bezos sapeva che la sfida non era far leggere le persone, ma capire se queste erano disposte ad acquistare online. I libri erano un’ottima nicchia di partenza, di facile gestione e poco dispendiosa. In questa fase è importantissimo avere già un’idea della crescita e punto di arrivo che ci si aspetta.
Bisogna avere chiara la futura architettura del Brand. Nella fase di Branding si dovrà ragionare in ottica nazionale, europea? Si intende creare un ecosistema o si punta a brandizzare il sigolo prodotto? Validata la proposta di base, si possono scalare altre nicchie, adattando di volta in volta l’offerta, incentivando ad una visione complessiva del brand più comprensiva, senza scadere nell’estensione di marca, in cui un Brand “tradisce” la sua stessa logica.
La Ferrero è un caso di ottima gestione di un Brand, riposizionando la Nutella nella mente dei consumatori attraverso una comunicazione costante e genuina, che la rispecchiava.
Attenzione! Il caso Amazon e quello Nutella hanno dei punti in comune ma sono molto diversi tra loro: Amazon ha riposizionato un Brand madre, la Ferrero un prodotto. Gli schemi di base sono gli stessi ma il percorso è differente.
Ma partiamo dall’inizio.
Nel 1964 nasce Nutella, il Brand, non il prodotto. Infatti la Ferrero già commercializzava (dal 1949) la sua Supercrema: Intuizione geniale che ripropose il surrogato di cioccolato (un composto di nocciole, grassi vegetali e un pò di cacao) originariamente solido, venduto in tavolette, sotto forma di crema. Economica, gustosa e alla portata di bambini e anziani.
Un’altra intuizione geniale di Giovanni Ferrero è stata (tanto semplice e scontata, quanto vincente) ascoltare il mercato. Applicando pratiche che decenni dopo chiamiamo di Bottom Up (mi dispiace, digital marketer, non le hai inventate te!).
Per chiarezza, definisco Bottom Up quella serie di interventi mirati ad accogliere le richieste o le esigenze del mercato: le persone chiedono di poter acquistare al dettaglio un prodotto venduto finora all’ingrosso, l’azienda costruisce un ecosistema in grado di accontentarli (Bottom Up).
Nello specifico già dagli anni 50 la crema alla nocciola era distribuita in un modo particolare, soprattutto nel napoletano: i bambini portavano una fetta di pane e il commerciante vi spalmava (da lì il nome “Spalmata” con cui era conosciuta l’azione) sopra uno o due strati. Questa immagine è stata ripresa nella comunicazione del brand attraverso campagne pubblicitarie, intensificandone il ricordo del prodotto, e le emozioni, tramite un azione ben definita. Sempre dalla Spalmata e dalla folla che si radunava intorno al furgone che scaricava il prodotto al commerciante (inizialmente si vendeva solo B2B), Ferrero decise di aprire la vendita al dettaglio, raggiungendo le case del Mondo intero.
Nel ’62 furono, per legge, banditi dai nomi dei Brand appellativi come “super” o “extra” se non oggettivamente giustificati. Si dovette pensare ad un nuovo nome per il loro prodotto a base di nocciole.
Serviva un nome che andasse bene a livello europeo, di facile pronuncia soprattutto in Italia.
Per associazione nasce il neologismo Nut (nocciola) - ella (suffisso che alleggerisce e dona musicalità alla pronuncia).
Nasce il mito.
Vengono studiati nuovi formati per la distribuzione, arrivando anche al monodose (riferito ai bambini, confezionato come “Merendina flotta” e “Merendina Casetta”, è la promozione poi utilizzata per gli Ovetti Kinder). Negli anni 80 diversi fattori rappresentano un insidia per la Nutella: il mercato si sviluppa, nascono diversi prodotti sostitutivi come merendine e forni, la fascia di riferimento subisce una contrazione. Mentre i competitor (semplici aziende Mee-too) non riescono a far fronte alla crisi, chiudendo, la Ferrero riassorbe le loro quote tuttavia corre ai ripari.
La Ferrero deve rivitalizzare il mercato ed espandersi con esso: riposizionando il prodotto, allargando il target, aumentare i modi e i momenti di consumo.
Lo fa attraverso delle campagne declinate su tutti i suoi canali comunicativi, come il payoff che da “Mamma tu lo sai” che serviva a porre l’accento sulla golosità, sul desiderio che un bambino potesse avere nel ricevere un cucchiaino di crema, al ricordo della gioia provata nel gustarlo, a “Energia per fare e per pensare” dove si spingeva al consumo in termini funzionali.
Come dire: durante la giornata c’è sempre un momento in cui hai bisogno di energia, Nutella è qui per questo.
Passando anche per “Vuole fare la modella!”, probabilmente nato in risposta alle obiezioni (prevedibilissime) riguardanti non tanto le calorie quanto i grassi, fino ad arrivare all’iconico “Che mondo sarebbe senza Nutella?”.
Nutella è un prodotto eccezionale, sotto ogni punto di vista, e merita il livello massimo di Brand Awareness che ha ottenuto grazie ad anni di lavoro costante e coerente, sia comunicativo che produttivo.
Nutella è uno di quei pochi Brand come Jeep e Mascara che identificano una categoria, al punto che vengono usati come sinonimi.
Nutella è il mercato delle creme spalmabili.